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Scoperta una molecola in grado di frenare L'Alzheimer


È stata scoperta dai ricercatori della Fondazione EBRI 'Rita Levi-Montalcini' una molecola con capacità uniche, in grado contrastare l'Alzheimer.

Le malattie da demenza, fra cui anche la malattia di Alzheimer, sono molto complesse e il loro decorso è caratterizzato da una catena di processi patologici. La malattia di Alzheimer è cronica e progressiva. Oggi non esiste ancora una terapia in grado di impedire, fermare o guarire la malattia di Alzheimer. Esistono solamente alcune terapie mirate che aiutano a mantenere più a lungo l’autonomia delle persone colpite. Oltre ai farmaci, sono disponibili anche altri tipologie di terapie:

- Farmaci Anti - Alzheimer: i medicamenti Anti - Alzheimer (farmaci anti demenza) migliorano la trasmissione dei segnali nervosi. Possono ritardare il decorso della malattia, ridurre i sintomi concomitanti e migliorare la qualità della vita dei malati.

- Altri farmaci: i sintomi concomitanti di una forma di demenza, come depressione, irrequietezza, disturbi del sonno o paure, possono essere attenuati o addirittura eliminati con farmaci o altre terapie.

- Altri tipi di terapia: esercitazioni della memoria, terapia ambientale, arte-terapia e attività quotidiane specifiche migliorano o stabilizzano le capacità intellettive e l’umore delle persone colpite dalla malattia.

- Assistenza su misura per la demenza: esistono forme di assistenza appositamente sviluppate per i malati di demenza che aumentano la capacità di restare il più possibile autonomi nella vita quotidiana.


Nello studio, attualmente effettuato sui topi, la molecola in oggetto è però in grado di "ringiovanire" il cervello bloccando l'Alzheimer nella prima fase. Trattasi di un anticorpo denominato A13, in grado di rigenerare appunto il cervello favorendo la nascita di nuovi neuroni e contrastando così i difetti che accompagnano le fasi precoci della malattia.

Lo studio italiano come detto, è stato effettuato per ora su topi che, così trattati, hanno ripreso a produrre neuroni ad un livello quasi normale. Una strategia, secondo i ricercatori, che apre nuove possibilità di diagnosi e cura. 

Lo studio interamente italiano, è coordinato da Antonino Cattaneo, Giovanni Meli e Raffaella Scardigli, presso la Fondazione EBRI (European Brain Research Institute) Rita Levi-Montalcini, in collaborazione con il CNR, la Scuola Normale Superiore e il Dipartimento di Biologia dell'Università di Roma Tre. E' stato pubblicato sulla rivista Cell Death and Differentiation.


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