Il diabete in chiave psicosomatica: una fame d'amore
Il 14 novembre si svolge come di consuetudine la giornata mondiale del diabete.
Il diabete è una patologia data da un’alterazione del metabolismo degli zuccheri: i valori di glicemia risultano superiori alla norma (iperglicemia). Si distinguono due tipologie di diabete:
- il tipo 1, è il diabete cosiddetto giovanile o insulino-dipendente, le cui cause organiche risultano tutt’oggi sconosciute, meno invece la sua associazione ad eventi traumatici, ed è cronico, infatti chi ne è affetto è costretto ad assumere quotidianamente, per tutta la vita, specifiche dosi di insulina;
- il tipo 2, è il diabete adulto o non insulino-dipendente, è quello più diffuso, può essere accompagnato o meno da obesità , ha cause genetiche oltre a fattori di rischio legati allo stile di vita, all’alimentazione e ad alcune patologie.
Esiste tuttavia una visione psicosomatica di questa condizione patologica, oltre alle diverse spiegazioni puramente organiche. In effetti, il diabete cela in sé un profondo simbolismo psicosomatico che affonda le sue radici nel nostro primo incontro con il cibo, in particolar modo con la prima fonte di energia e nutrimento, di calore e amore, il latte materno.
Il legame tra il latte e la relazione d’amore che il bambino ha con la madre è inscindibile; l’allattamento è un momento sacro inebriato di dolcezza, dove lo zucchero del latte materno, raffinata forma di energia e nutrimento primario, su un piano analogico richiama la presenza della madre, con la sua voce, i suoi sguardi, le carezze, il calore. Una dolcezza-amore dunque, che attraverso il sangue pervade ogni cellula del corpo umano e con esso l’intera psiche, una connessione profonda che accompagnerà il bambino per tutta la vita.
Popolarmente in tedesco diabetico si dice “zuckerkrank” e significa “colui che ha zucchero”, è colui che necessita di nutrirsi affinchè il livello di glucosio nel sangue si mantenga alto, affinchè dunque si mantenga alto in lui il calore, l’amore, la dolcezza, e da qui l’iperglicemia, ma al tempo stesso non può usufruirne, il suo bisogno d’amore non trova appagamento, lo zucchero-dolcezza è tenuto in circolo senza essere mai consumato, pertanto il diabetico rimane “affamato dentro”. Non è possibile assumere o consumare il glucosio, non è possibile assumere o consumare amore, tenerezza, affetto, tanto bramati quanto rifiutati, poiché rivestiti simbolicamente di dolore. Quella del diabetico è una fame d’amore, una paura di perdere quest’amore che lo conduce ad un circolo vizioso in cui il timore che il nutrimento organico e psichico, lo zucchero, venga meno, aumenta l’atteggiamento del procacciarsi dolcezza senza però spenderla, perpetuando di conseguenza il senso di fame di cibo e di amore.
Non è forse questo meccanismo analogo a quello del bambino deprivato affettivamente?
Una mancanza di nutrimento-amore che nel tempo si trasforma in angoscia abbandonica, in paura di morire, in relazioni affettive di dipendenza/ribellione, relazioni borderline. Il diabetico è dunque colui che porta in sé un’esperienza infelice di nutrimento primario, costellata di rifiuto o assenza materna, privo di amore primordiale.
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