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Cos'è il benessere? Come si raggiunge la felicità?


Benessere, stare bene o esistere bene, uno stato positivo di piacere, energia, felicità, appagamento, soddisfazione che a tutti noi piace sperimentare. 


Ma cos’è in realtà il benessere? 


“Non bisogna tenere in massimo conto il vivere come tale, bensì il vivere bene”. 
(Platone) 

Già l’antico filosofo greco promuoveva un ideale di vita basato sul vivere bene ovvero sul benessere. In effetti è da tempi lontani che scrittori, filosofi e successivamente scienziati, si sono interrogati sul vero significato di benessere e sulla misura della felicità, ognuno a suo modo, ognuno analizzando alcuni aspetti appartenenti al proprio angolo di osservazione. Se nel passato questo termine poteva coincidere più o meno con la salute fisica, nel tempo la definizione di questo termine si è ampliata coinvolgendo molti aspetti dell’essere umano. Attualmente si può affermare che è la psicologia positiva ad aver preso in mano le redini di questo processo d’indagine che fin dalla notte dei tempi, cerca di rispondere all’autentico significato di benessere.

La psicologia positiva è una prospettiva teorica dedita allo studio del benessere personale e alle sue innumerevoli sfaccettature. Una definizione più ampia del termine porterebbe ad affermare che la psicologia positiva è lo studio delle forze umane come l'ottimismo, la creatività, la motivazione intrinseca e la responsabilità. Un altro modo di definire la psicologia positiva, forse meno accademico ma sicuramente non meno valido, è quello di “scienza della felicità”.

Una definizione che con tutta probabilità piacerebbe molto anche a Mihaly Csikszentmihalyi, autore del rinomato libro di successo Flow: The Psychology of Optimal Experience, in cui in ottica psicologica scientifica, attraverso il concetto di “flow” (flusso), viene analizzato l’annoso problema della ricerca della felicità, e di come potrebbe essere raggiunta con più facilità. Csikszentmihalyi, classe 1934 nonostante l’età avanzata è ancora figura di spicco del panorama psicologico internazionale, professore di psicologia e management della Claremont Graduate University nonché fondatore e coodirettore del Quality Research Center (QLRC), un istituto di ricerca senza fini di lucro che studia, appunto, la psicologia positiva.


Il concetto di "flow", immersione e coinvolgimento


Il concetto di “flow”, pionieristicamente esposto da Csikszentmihaly, viene descritto come quello stato mentale di totale immersione e coinvolgimento, in associazione ad uno stato di divertimento che si può osservare durante il processo di tutte quelle attività che piacevolmente ci coinvolgono mentalmente. In sostanza, il flusso è caratterizzato da un completo assorbimento in ciò che si fa e una conseguente perdita del senso dello spazio e del tempo. Per Csikszentmihalyi, il benessere sarebbe strettamente correlato a questo flusso, a questo stato mentale positivo di totale coinvolgimento e dedizione verso un processo, il tutto mescolato ad uno stato di piacere dovuto alla soddisfazione di portare avanti il processo stesso. Questo flusso, promuoverebbe nell’individuo uno stato di “estasi”, sovente si può riscontrare questo stato nei racconti o nelle interviste di compositori, pittori, artisti in genere, ma anche scienziati o chiunque riesca tramite un piacevole coinvolgimento della propria attività ad entrare in questo flusso positivo, come Csikszentmihalyi piace anche definire “esperienza ottimale”. La sensazione provata è comunque sempre la stessa, riassumibile in un’esperienza intensa che apre le porte ad una nuova realtà, dove non esistono problemi legati al lavoro, alla famiglia o a qualsivoglia aspetto esterno, la percezione di fame, di sete o della stanchezza può arrivare persino a scomparire, anche la percezione dello spazio-tempo si esaurisce, sembra quasi di non esistere tanto si è piacevolmente coinvolti in quel processo.

La psicologia positiva e la psicologia della salute


La psicologia positiva non è comunque racchiusa tutt’attorno al concetto di flow, compito della psicologia positiva è valorizzare l’ampio ventaglio di aspetti positivi, di punti di forza, di virtù che ogni individuo naturalmente porta con sé. Se gli albori della psicologia erano caratterizzati da una voglia di comprensione e cura delle malattie mentali, successivamente in una seconda fase, la psicologia ha iniziato ad interessarsi ed occuparsi delle problematiche dell’individuo, o meglio di tutti quei fattori che contribuiscono a ostacolare il benessere psichico dell’individuo nella sua interezza, valorizzando maggiormente la vita umana. In una fase ulteriore la psicologia, osservando le problematiche individuali da un punto di vista diverso e rinnovato, decide di conservare ancora questa visione di benessere ma analizzandola da un punto di vista differente: l’attenzione così non è più rivolta esclusivamente alle problematiche, ai deficit dell’individuo ma bensì alle sue risorse. Si apre così un nuovo modo di osservare la psiche umana che si discosta da una visione prettamente biomedica, per entrare in un ottica meno semplicistica della realtà in esame, definita bio-psico-sociale. Solo successivamente a questo cambio di veduta si può iniziare a parlare veramente di psicologia della salute e psicologia positiva.


La prospettiva edonica


La psicologia positiva inoltre, si sviluppa da due differenti, seppure complementari, prospettive di base: la prospettiva edonica e quella eudaimonica. La prima legata alla percezione del piacere come assenza di dolore, la seconda a quella del piacere come conseguenza di uno sviluppo personale.

Quanto si parla di edonismo, si fa inevitabilmente riferimento a qualcosa che è in stretto rapporto con il piacere. La prospettiva edonica della psicologia positiva, a sua volta, comprende quegli studi che intendono analizzare la dimensione del piacere, un piacere fine a sé stesso, quale benessere prettamente personale e soggettivo, legato a sensazioni piacevoli ed emozioni positive.

Gli psicologi che hanno adottato la visione edonistica tendono a focalizzarsi su un'ampia visione dell'edonismo che include le preferenze e i piaceri della mente e del corpo, la visione predominante tra gli psicologi edonisti è che il benessere consiste nella felicità soggettiva e riguarda l'esperienza del piacere contro il dispiacere. La felicità non è però riducibile all'edonismo fisico, poiché può derivare dal raggiungimento di obiettivi o risultati stimati in vari regni.


La prospettiva eudemonica


Nonostante vi sia un grande interesse sugli studi del benessere soggettivo, esso non è l'unico punto di vista per osservare e conseguentemente poter valutare il benessere. Un secondo punto di vista considera il benessere qualcosa di più della semplice felicità, suggerendo che quando le persone fanno capire o comunicano di essere felici, di essere affettivamente soddisfatte, non significa necessariamente che siano psicologicamente in buona salute. Questa seconda prospettiva viene definita eudaimonica e si preoccupa di vivere in modo soddisfacente, sviluppando e realizzando i propri potenziali umani. Questa concezione sostiene che il benessere non è tanto un risultato o uno stato finale, quanto piuttosto un processo di realizzazione personale, o realizzazione della vera natura umana. Per raggiungere il benessere da questo punto di vista si deve necessariamente riuscire a soddisfare i propri potenziali umani, vivendo in pienezza una vita di crescita continua.

La visione eudaimonica può essere fatta risalire ad Aristotele, in quanto il filosofo greco considerava la felicità edonistica come qualcosa di volgare, qualcosa che rendeva gli uomini passivi dei desideri. Ha postulato così, che la vera felicità si trova nell'espressione della virtù ovvero nel fare ciò che vale la pena fare. Questa innovativa prospettiva sostiene che il benessere ottimale, richiede una distinzione tra, i bisogni o desideri la cui soddisfazione porta al piacere momentaneo (edonico), da tutti quei bisogni che sono radicati nella natura umana e la cui realizzazione promuove la crescita umana e produce appunto eudaimonia, "benessere" in un’accezione più ampia del termine.

Ryff & Singer (1998, 2000) hanno esplorato la questione del benessere, attingendo dai pensieri di Aristotele e descrivendo il benessere non semplicemente come semplicistico raggiungimento del piacere, ma bensì come "aspirazione alla perfezione che rappresenta la realizzazione del proprio vero potenziale". Ryff & Keyes hanno conseguentemente parlato di benessere psicologico come Psychological Well-Being (PWB), che deve essere distinto dal benessere soggettivo (SWB), ed hanno quindi proposto un approccio multidimensionale alla misurazione del PWB che valuta sei aspetti distinti: autoaccettazione, relazioni positive con gli altri, autonomia, controllo ambientale, scopo nella vita, crescita personale.

Ad esempio per quanto riguarda l’autonomia, un esperimento ha riscontrato come le persone libere di scegliere, si sentono più motivate: si invitavano alcuni soggetti che si trovavano in una sala d’aspetto, a fare ciò che vogliono (gruppo di controllo) e altri a leggere le riviste messe a disposizione sul tavolo (gruppo sperimentale). L’esperimento, arrivando alle conclusioni, ha dimostrato che chi doveva leggere senza poter fare altro, ha reagito con scarsa concentrazione, fastidio e diminuzione d’interesse durante l’attesa. Al contrario, i soggetti lasciati liberi di scegliere come passare il tempo, magari scegliendo di leggere il giornale per libera scelta, hanno manifestato una concentrazione maggiore nell’attività e più tolleranza all’attesa. L’esperimento suggerisce che l’essere pilotati nelle scelte, riduce la motivazione intrinseca intesa come autodeterminazione, in quanto si percepisce un senso di controllo esterno. 

Jung descrive questa condizione di indipendenza anche come “liberazione dalla convenzione”, dove l’individuo non appartiene più alle credenze collettive. 

A questo punto ci si può chiedere se esistano molteplici forme di benessere, non solo edonico ma anche eudaimonico , diverse possibilità di autorealizzazione alimentate da diversi contesti sociali oppure modi di essere. Riff e Singer concordano per una visione che evita gli eccessi; evitare gli estremismi per favorire un approccio equilibrato che tenga in considerazione più prospettive, pare essere in quest’ottica il miglior compromesso. 

Le prove di un certo numero di ricercatori hanno indicato che il benessere è con tutta probabilità concepito come un fenomeno multidimensionale che include aspetti delle due prospettive del benessere sia edoniche che eudaimoniche.


Il modello bio-psico-socio-spirituale, alla ricerca della felicità


L’importanza di un approccio che sia multidimensionale, il quale possiamo definire anche con il termine di olistico, è di estrema importanza per il raggiungimento di un benessere che sia veramente globale, sia da un punto di vista psichico che fisico. Nonostante la grande evoluzione scientifica avvenuta negli ultimi decenni che ha dato sempre più spazio alla psicosomatica, ancora oggi il rapporto tra mente e corpo non sembra essere ben compreso, si tende a separare l’uno dall’altra quando in realtà questo legame è assolutamente inscindibile. Si pensi al corpo come una dimensione che accoglie l’espressione di una sofferenza, un contenitore dove abita qualcosa di molto più profondo. Purtroppo spesso ci si dimentica: una ferita al corpo è una ferita che colpisce aspetti profondi della psiche umana. L’approccio bio-psico-sociale, tanto caro alla psicologia della salute può essere qui considerato come il solo in grado di coniugare molteplici visioni e prospettive del benessere che tengano in considerazione la globalità di tutti gli aspetti che fanno parte dell’individuo, della persona nella sua interezza, biologica, psicologica e sociale. Se teniamo in considerazione per un attimo la definizione di salute da parte dell’OMS, che la definisce come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non come l’assenza di malattia”, non si fatica a comprendere come la salute sia da considerare come qualcosa di molto più complesso di quel che frettolosamente, spesso forse troppo ingenuamente si può pensare.

In questa nuova ottica, il modello bio-psico-sociale fa da riferimento, diventando perno di una scuola di pensiero che si distacca dal passato, nasce la necessità di veicolare una nuova forma di conoscenza della struttura umana che superi l’approccio biomedico e il dualismo mente-corpo dei tempi di Cartesio. Un ulteriore definizione del concetto di benessere che si estende coinvolgendo anche la parte spirituale della persona, si è avuta nel 2010 nel rapporto della Commissione Salute dell’Osservatorio Europeo su Sistemi e Politiche per la Salute, che definisce la salute come "lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di benessere, che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società". Da questa nuova definizione, il modello bio-psico-sociale prende spunto per integrare una nuova sfera che permea la vita della persona e conseguentemente la sua percezione di benessere e felicità, entra così a far parte del modello anche la sfera spirituale. S’inizia a parlare oggi di modello bio-psico-socio-spirituale.






Fonti:

- https://www.cgu.edu/people/mihaly-csikszentmihalyi/ 

- Andrea Laudadio, Serena Mancuso - Manuale di psicologia positiva – FrancoAngeli, Milano 2015 - 

- https://www.ted.com/talks/mihaly_csikszentmihalyi_on_flow?language=it#t-376726 

- Annu. Rev. Psychol. 2001. 52:141–66 6. 

- http://www.polimniaprofessioni.com/rivista/la-misura-della-felicita/ 

- Journal of Happines Studies (2008) 9:1-11 

- Deci, E. e Ryan, R. Intrinsic motivation and self-determination in human behaviour. (1985) New York, Plenum Press

- Journal of Happiness Studies (2008) 9:13–39 2006 

- Gian Piero Turchi, Caludia della Torre - Psicologia della salute - Dal modello biopsicosociale al modello dialogico, Armando Editore, Roma, 2007



Mirko Toller     -



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